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RACCONTAMI LA TUA STORIA
Sei un Chimico , un Biologo o un tecnico di laboratorio?
o magari sei un RSPP o ASPP?
Insomma in qualche modo hai a che fare con le cappe (DPC)?
Raccontami la tua storia e le più complete
e dettagliate verranno premiate
ricevendo in omaggio il mio Libro sulle cappe!
(Se vuoi maggiori dettagli sul libro clicca su questo LINK)
In questa pagina voglio darti lo spazio che meriti, ad esempio puoi parlare:
- del tuo percorso di studi
- della prima volta che sei entrato in un laboratorio
- del tuo approccio alle cappe da laboratorio
- se ti sei sentito pronto a manipolare sostanze pericolose e/o cancerogene
- fare un’elenco di sostanze chimiche manipolate
- se pensi di aver ricevuto una preparazione adeguata all’utilizzo delle cappe
- se la persona che ti ha affiancato all’inizio era una persona competente
- se i ruoli vengono rispettati, se vengono date direttive e informazioni in generale
- delle tue emozioni, di come ti sei sentito tu come persona e futuro professionista
- se entrato in un’azienda le condizioni sono migliorate e perché
- se nel mondo del lavoro è cambiato qualcosa e cosa rispetto al mondo universitario
- se le aziende ti rispettano e se la sicurezza per te come operatore è rilevante per loro
- se gli RSPP sono preparati sulla sicurezza in materia delle cappe o meno
Insomma parla di quello che vuoi purché la verità venga a galla e che possa essere di aiuto a molti altri che potrebbero
trovarsi in situazioni simili, infatti se poi hai dei consigli da dare scrivili senza problemi.
Clicca qui in basso e racconta la tua storia, non avrai molte altre occasioni nella vita probabilmente!
N.B. Inserendo la tua storia dai anche il consenso alla divulgazione sia online che offline perdendo ogni diritto sui contenuti da te descritti, che non verranno in alcun modo alterati in nessuna parte e riproposti integralmente come d te riportati salvo per parole o frasi offensive che potrebbero essere moderate così come l’intero contenuto se ritenuto non corretto e in linea con i valori richiesti.
14 messaggi.
Buonasera, sono G. Simone Mazzaglia (conosciuto come Simone) studente di Biotecnologie sanitarie e appassionato di tutto ciò che riguarda la biologia.
La prima volta che sono entrato in un vero e proprio laboratorio è stato al 1°superiore. A partire dal 2°superiore ci siamo addentrati nel vero e proprio laboratorio chimico, utilizzando le cappe chimiche per poter eseguire in sicurezza le nostre esperienze.
I docenti Biologi e chimici sono stati davvero professionali a spiegarci il funzionamento delle cappe chimiche e biologiche, facendo conoscere in maniera approfondita tutto ciò che riguarda questi dispositivi essenziali. Abbiamo studiato il funzionamento delle cappe a livello teorico e verificando le nostre conoscenze.
Tutti i ruoli sono stati rispettati, come dei veri e propri professionisti abbiamo eseguito i protocolli più rigidi.
Il mondo delle cappe è molto variegato, conoscere è un dovere professionale e morale.
La preparazione degli esperti in questo campo è stata di grandissimo livello. Le emozioni sono state davvero tante.
Buongiorno, in moltissime attività svolte in ambito sanitario laboratoristico, sia per diagnostica che per ricerca, è necessario mantenere la sterilità del campione e contemporaneamente utilizzare sostanze chimiche per l'esecuzione di analisi varie.. Nel blog si fa riferimento a cappe biologiche anche di sicurezza oppure a cappe chimiche ma non si parla di un utilizzo misto: come comportarsi in tal senso?
Grazie mille per la risposta
Se dovessi dare un titolo al mio racconto sicuramente sarebbe : Laboratori da Incubo.
Sono un laureato in Chimica e vorrei brevemente descrivere la mia esperienza formativa in laboratorio, in particolare durante il periodo della tesi.
Parto subito con la descrizione del dispositivo di protezione collettiva che ho utilizzato per circa 6 mesi:la cappa chimica.
Il ripiano della cappa era per metà occupato da una muffola, quindi ne rimaneva metà libera. Essendo un laboratorio di "Analitica" non c'era una zona riservata al recupero dei solventi.
Al mio ingresso in laboratorio la cappa ere utilizzata più come magazzino per palloni, beute e becker contenenti alcune soluzioni di precedenti lavori.
Durante il mio periodo in lab ho utilizzato solventi(n-esano, cloroformio, tetracloruro di carbonio, acetato di etile , metanolo ed etanolo) , Acidi (cloridrico e solforico prevalentemente) e Basi(idrossidi di sodio e di potassio).
Solo in seguito a mia insistente richiesta abbiamo provveduto a "istituire" il recupero dei solventi(ho provveduto personalmente a posizionare due bottiglie di vetro scuro vuote sotto cappa) riutilizzando bottiglie di vetro per reagenti (vuote).
Spesso venivo preso in giro( ma poi hanno smesso) perchè mi ostinavo a fare delle operazioni di "travaso" o trasferimento di solventi sotto cappa. . .Come se il n-esano fosse meno pericoloso dell'acqua distillata se lo si doveva trasferire in delle provette (1 mL che sarà mai?).
Ci sarebbe da scrivere un libro ma mi fermo qui.
Salve,
ho 33 anni e lavoro in un'azienda che si occupa di logistica sanitaria e di progettazione e realizzazione di ambienti a contaminazione controllata, per lo più dedicati all'allestimento di terapie antiblastiche personalizzate in cliniche ed ospedali.
Ovviamente, all'interno delle cleanroom, bisogna ricavare spazi in classe A per manipolare soluzioni iniettabili sterili, ed in tal senso si scelgono sistemi a circuito chiuso robotizzati o più banalmente cappe. E qui si apre un universo.
1) Ci sono in commercio "cappe" compliant alle DIN 12980 tedesche in classe A2 a parziale ricircolo. Ma ci sono anche cappe "certificate". Quale è la differenza? Vi è sicuramente un fattore economico importante che porta molti a scegliere le cappe compliant. E' corretto?
2) La normativa di riferimento non risulta essere molto chiara. Ad esempio le cappe in classe A2 possono essere convertite in B2 collegandole ad un sistema di estrazione che permetta l'espulsione all'esterno dell'aria esausta anziché ricircolarla all'interno della cleanroom dopo ulteriore filtrazione hepa come accade per le A2 non canalizzate. In caso di canalizzazione degli esausti, questa,se non ricordo male, deve superare il colmo dell'edificio di almeno 1,5 m, anche nel caso cui ci fossero ulteriori filtrazioni a valle dell'estrattore (hepa, carboni attivi). Il che è già un grosso controsenso dal momento che è consentito anche l'utilizzo delle cappe A2, che non sono affatto canalizzate. Le ASL si comportano tutte in maniera differente, talvolta chiedendo nei bandi la predisposizione delle canalizzazioni, talvolta non chiedendola, quando ad esempio sussistono difficoltà oggettive (esempio: cleanroom al piano terra di un edificio di 10 piani, che richiederebbe una canalizzazione lunga decine e decine di metri).
Queste ed altre domande spesso trovano risposte poco convincenti.
Ciao a tutti mi chiamo Elisa sono biologa e mi occupo di citologia. Lavoro presso un laboratorio analisi privato della mia città e come spesso capita non lavoro in sicurezza perchè non ci sono delle cappe idonee adeguate per lìassorbimento degli odori forti che si generano con la colorazione che eseguo. Per la precisione, per colorare i vetrini citologici, realizzo la colorazione di Papanicolau, che è una colorazione tricromica e consiste in una serie di diversi passaggi di vari Alcol (a diverse concentrazioni) mentre i 3 coloranti utilizzati sono: HARRYS (ematossilina), OG6, EA50 ed infine il chiarificatore cioè il bioclear (che ha un'odore molto forte).
Infine i vetrini colorati, vengono montati con un mezzo di montaggio (che emana anche'esso un odore molto forte).
Diciamo che è proprio la fine della colorazione che è la parte + fastidiosa per gli odori forti che si generano. Le vaschette che utilizzo sono di 250 ml e la colorazione dei vetrini la realizzo una volta a settimana, e fin'ora per evitare di inalare troppe sostanze pericolose, utilizzo delle maschere ingombranti, scomodissime, con dei filtri a carbone, che consiglio perchè permettono di lavorare in sicurezza. Detto ciò mi chiedo quindi che tipo di cappa potrebbe esser congeniale per le mie esigenze. Per me non è importante la sterilità del piano, ne il flusso laminare che vedo spesso descritto nelle varie cappe biologiche. Ho personalmente sentito parlare di Cappa chimica aspirante di Classe 1, mi chiedo se è questa quella che potrebbe essere ottimale per il lavoro che eseguo, è così? Spero di poter ricevere la giusta indicazione che mi serve, perchè sono molto preoccupata per la mia salute. grazie mille, aspetto con ansia la risposta.
L'utilità e l'importanza del lavoro del dott. Cirillo sono sotto gli occhi di tutti e per chi non ha ancora avuto l'onore di seguirlo visivamente lo invito ad ascoltare qualche video su youtube.
Il sottoscritto e l'azienda per la quale lavora, grazie ai tanti concetti appresi e approfonditi con i corsi del dott. Fabrizio, sono riusciti nel proprio piccolo ad ottenere delle migliorie significative e i complimenti ricevuti dagli specialisti nell'ambito della certificazione, con tanto di attestato, non fanno altro che valorizzare il lavoro portato avanti da questo professionista.
Lo ringrazio per l'ennesima volta, perché soggetti di una certa professionalità che mettano il proprio sapere e le propria esperienza a disponibilità di tutti se ne vedono pochissimi.
E Fabrizio Cirillo è uno di questi rari esempi da seguire.
Ogni giorno noi tutti laboratoristi andiamo incontro a seri rischi che spesso vengono sottovalutati o peggio ancora poco considerati.
Si sente parlare spesso di nuove strumentazioni che riducono tempi di lavoro, sprechi e via via dicendo, quasi ci portano sulla luna... Ma quasi mai vediamo riporre l'attenzione sulla sicurezza di noi operatori, come se le nostre vite girassero solo intorno al guadagno, al tempo risparmiato etc.
La società attuale ci sta portando sempre più a non pensare al nostro benessere, come se i maggiori ricavi o i record nella tempistica di elaborazione siano più importanti del requisito principale per poterne beneficiare: la nostra salute.
Grazie a Dio, esiste ancora qualcuno che ci rimette con i piedi per terra, ricordandoci quali siano le reali priorità in contesti lavorativi, particolarmente esposti a determinati rischi, come i laboratori.
Sono Massimo, chimico organico di lungo corso ormai. Ho iniziato a prendere familiarità con il laboratorio di chimica organica durante i corsi del quarto anno, ma soprattutto durante il periodo di tesi, lavorando insieme ad altre persone sotto la stessa cappa per sovraffollamento di tesisti più o meno prossimi alla laurea, studenti per i corsi di laboratorio: non proprio la situazione più ideale; ricordo di aver ricevuto un training sommario sulla sicurezza, a parte il tipico non fumare/non mangiare in laboratorio; sempre per motivi di spazio, colonne e Gooch regolarmente sul banco fuori cappa, maneggiando DMC, EtOAC, MeOH, ma non etere etilico perchè troppo volatile, nè benzene perchè cancerogeno. Durante il periodo di dottorato in GB, ogni membro del gruppo aveva la sua cappa, regolarmente controllata una volta l'anno e con il sash manuale per la rapida chiusura in caso di incendio accidentale (ho utilizzato molto n-BuLi, t-Buli, Mg turnings, Na per l'anidrificazione dei solventi); ho ricevuto la formazione sull'uso degli estintori (utilizzato una volta per spegnere un incendio, piccolo, da toluene) e sulla modalità di utilizzare la coperta antifiamma. Lavorando poi nell'industria GB, ho continuato ad utilizzare cappe simili a quelle del periodo di dottorato, di varie dimensioni e con la possibilità di variare l'altezza del piano di lavoro (utilissimo per la preparazione delle colonne cromatografiche evitando strappi alla cervicale).
Ritornato in Italia, sono rimasto un po' stupito dall'installazione di cappe con lo schermo motorizzato nel "mio" ex Dip. di Chimica: non proprio l'ideale in caso di incendio o di versamento accidentale di sostanze volatili come tioli, solfuri o il TFA. Inoltre, dopo un certo periodo di tempo il motore di controllo della discesa/salita dello schermo tende a perdere di efficienza, facendo diventare lo schermo una potenziale ghigliottina.
Rimango convinto, che lo schermo delle cappe deve essere manuale: soprattutto per consentire la rapida chiusura in caso di necessità.
Sono Tiziana, sto preparando la tesi di laurea in Tecniche della Prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro abilitante alla figura di ASPP. Il progetto di tesi è incentrato sulle cappe chimiche, in particolare nella validazione di metodi alternativi al test di contenimento previsto dalla EN 14175, di conseguenza in questo periodo ho trascorso molto tempo in laboratorio. Ho avuto a che fare con tesisti, professori associati, tecnici di laboratorio e ho potuto constatare come, la percezione del rischio vari in proporzione all'esperienza. Ho svolto un'indagine tramite un questionario per meglio comprendere il loro grado di percezione del rischio riguardo i pericoli presenti in laboratorio. Dalle risposte ricevute è stato possibile constatare che i tecnici di laboratorio e i professori associati hanno acquisito una maggiore consapevolezza dei rischi rispetto ai tesisti, ai tirocinanti, i quali però trascorrono in laboratorio gran parte della giornata, senza la supervisione di qualcuno, ed utilizzano quindi le cappe in modo non efficace. Preciso però che le cappe chimiche non vengono utilizzate in modo adeguato da tutti coloro presenti in laboratorio. Solitamente il saliscendi viene posizionato ad un'altezza superiore a quella standard (40 cm) durante tutte le operazioni, anche in assenza di personale. Inoltre, non viene tenuto conto della velocità di aspirazione delle cappe che dovrebbe essere adeguata al tipo di sostanza impiegata: venivano utilizzate le cappe disponibili e non quelle adeguate al tipo di sostanza.
Durante la tesi ho effettuato personalmente alcune prove su cappa chimica, conscia della buona prassi da adottare e mi sono resa conto che, senza adeguata informazione, formazione e addestramento la cappa chimica può rivelarsi un'arma a doppio taglio, se non la si usa correttamente.
Ho utilizzato della formaldeide, che nel 2016 è stata ufficialmente classificata appartenente al gruppo 1B della classificazione IARC, nonostante utilizzassi poche quantità, con i corretti accorgimenti riguardo l'altezza del saliscendi, ho constatato che l'efficienza delle cappe chimiche non è del tutto adeguata, quindi mi sono chiesta: come posso fare per valutare l'efficienza delle cappe? Esiste un metodo semplice ed efficace per valutarle? Il metodo riportato dalla UNI EN 14175, in un contesto come quello universitario, è pressoché impossibile da applicare, sia per i costi esagerati, per le attrezzature ma anche per le condizioni ideali necessarie per le misure di contenimento. Non ha alcun senso effettuare delle prove in condizioni ideali se poi, durante le attività lavorative, le condizioni sono tutt'altro che ideali, anche soltanto la presenza dell'operatore e le alterazioni subite dall'aspirazione al passaggio e al movimento di quest'ultimo. La mia ricerca è in atto, intanto affermo che sono completamente d'accordo con quello che il dr. Cirillo riporta all'interno del suo libro. Leggerlo è stato di vero aiuto a comprendere meglio i veri pro e contro dell'utilizzo di queste attrezzature.
Mi chiamo Paolo e lavoro da 30 anni in ambito sanitario. Ho iniziato a lavorare come tecnico di laboratorio, dopo aver finito la scuola tecnica professionale di tecnologie di laboratorio chimico biologico, in una ditta farmaceutica che produce vaccini per animali. Qui ho lavorato per 15 anni dal 1987 al 2001. Ero in produzione e si inattivava il liquido allointoideo con formalina e poi successivamente con betapropiolactone. In quegli anni la formalina la si usava molto allegramente senza molte precauzioni, pensate si facevano addirittura le fumate con formalina e permanganato nelle incubatrici per disinfettare tutto. Per il bealactone si usava una cappa chimica da banco, ma poiché era troppo bassa veniva alzata con dei piedini di 25 cm lasciando così facendo scoperte i lati della cappa. Secondo il mio parere questo utilizzo era del tutto scorretto perché si cambiavano i flussi di aspirazione. poi ho vinto il concorso all'università a veterinaria nel laboratorio di riproduzione come tecnico dedicato al lab. E qui sono rimasto e lo sono ancora oggi della totale ignoranza sull'utilizzo di cappe sia chimiche che di quelle biologiche. Nel frattempo mi sono laureato nella trinale sempre in tecniche di laboratorio biomedico, e anche qui come info e formazione sull'utilizzo di cappe biologiche e chimiche si dà troppo scontato alcune cose, come se la cappa in se bastasse a risolvere i problemi. Devo dire che dopo 30 anni di lavoro segnalo ancora molta confusione sull'utilizzo corretto di questi DPC e sopratutto dall'interno dell'università purtroppo c'è ancora molta ignoranza sia sulla sicurezza in generale che su questi dispositivi. C'è moltissimo lavoro da fare ancora e sopratutto sconfiggere l'arroganza e i cosi detti tuttologi, dove in un mondo sempre più specializzato non hanno più senso di esistere, o meglio di parlare oltre le proprie competenze professionali.
Ho sempre pensato che in un laboratorio, che sia esso chimico o microbiologico, sia importante seguire delle regole ben precise, fare un ottimo lavoro di squadra e essere consapevoli di quello che si sta maneggiando; fin qui tutto ok chi è che non sarebbe capace di seguire queste semplici regole.
Una settimana fa vengo invitata su Linkedind dal Dottor Fabrizio Cirillo della Techno s.r.l. per seguire dei corsi della durata di un giorno e mezzo per parlare di cappe biologiche, cabine Biohazard, di cappe chimiche e di REACH e CLP; tra me ho pensato: "Ok sono cose che conosco saranno delle ripetizioni di quello che già mi capita di fare in laboratorio, qualche ramanzina su cosa fare e cosa non, mi rilasciano attestati validi e io continuo a fare il mio lavoro come sempre".
Arrivata il primo giorno mi imbatto in colui che si sarebbe occupato della parte delle cappe biologiche e chimiche il Dottor Paolo Antonio Parrello, formatore della salute e della sicurezza, e inizia una piacevole conversazione, iniziamo a parlare di cosa facesse lui e di cosa mi occupassi io finchè inizia il corso... ero allibita da quello che stavo ascoltando, ok sì ogni giorno si entra in laboratorio ci si mette sotto una cappa e si inizia a lavorare... ma quelle cappe sono davvero a norma? Perchè mi capitava spesso di sentire odori di acidi che stavo maneggiando che in realtà non avrei dovuto sentire? Ma soprattutto perchè ci sono persone convinte che solo perchè lavorano in laboratorio da tanti anni a loro non capiterà mai nulla? Non è difficile mettersi un camice ed evitare di andare anche al bar con esso, non è complicato mettersi gli occhiali di protezione ed evitare di avere dei danni irreparabili alla retina, e mettersi la mascherina è troppo?
E dei REACH ne vogliamo parlare? Quanti di voi ne sanno effettivamente qualcosa? Qualcuno sa di cosa parla questo regolamento e di quante aziende chimiche stiano per chiudere?
Tornare in laboratorio e cominciare a rimproverare chi non segue delle regole ben precise non è per essere puntigliosi ma per proteggere la vita di noi stessi e dei colleghi che lavorano con noi. Fare dei corsi come questi crea un'altra visione del laboratorio sia questo chimico o microbiologico.
Mi hanno sempre detto che a livello di aziende farmaceutiche le regole vengano seguite e rispettate, purtroppo non ho mai avuto la fortuna di riuscirci a lavorare ma, se mai un giorno mi dovesse capitare, sicuramente potrò fare le mie dovute valutazioni.
Il primo ricordo legato all'uso di una cappa chimica risale alla tesi magistrale.
Una mattina, insieme ad un altro ragazzo ed al dottorando, dicemmo alla prof che avremmo fatto un po' di ordine in laboratorio e che avremmo fatto pulizia anche sotto le cappe. Ci chiese perché pulizia, le spiegammo che c'era polvere sotto cappa. Rimase molto colpita da questa polvere e ci fece notare che non ci dovrebbe essere se la cappa tira bene... Giusta osservazione prof!
Successivamente, nel mio primo impiego, ho avuto la fortuna di lavorare per una società che stava investendo molto sulla sicurezza. Ha intrapreso una propria e vera lotta contro gli incidenti sul lavoro, ma soprattutto sulla consapevolezza dei rischi che si possono correre sul posto di lavoro. Però tutto sommato veri e propri corsi su come si usano in moto ottimale una cappa chimica od una biologica non sono mai stati fatti. Lo si dà spesso per scontato che uno lo sappia già o dall'università o dalle superiori.
Infine, in questa mia nuova esperienza lavorativa, il tracollo. In poco tempo ne ho già sentite da far più che accapponare la pelle.
. Abbiamo ridotto al minimo il flusso della cappa perché rendeva instabile la bilancia e la pesata. (Detta al ragazzo che con l'anemometro cercava disperatamente un segnale di flusso)
. Non accendo la cappa perchè fa rumore.
. Puoi fare questa operazione sotto cappa, anche spenta, perchè tanto un minimo flusso verso l'esterno c'è sempre.
. Chi la accende solo per la luce
. Per rendere più alto il piano di appoggio hanno aggiunto due pezzi di compensato uno sopra l'altro, che oltre a bruciare assorbono anche tutto quello che gli cade sopra.
. Per un motivo non ancora noto, in un'altra cappa, hanno ricoperto il fondo una gomma nera.
Poi ecco... fossimo dei farmacisti che fanno farmaci omeopatici, ma lavoriamo la formaldeide.
Sono proprio sconfortato nel vedere ancora realtà di questo tipo, sopratutto in siti con tutte le certificazioni del caso.
Ancora ricordo l'incidente presso la Statale di Milano del 2014, poi quello è stato un caso che è andato sui giornali ma non è stato di certo l'unico.
In quella occasione ne aveva parlato il giornale milano.repubblica.it
e allora ha fatto scalpore ma poi in realtà se ne parla veramente poco della sicurezza e la mia impressione è che venga tenuto tutto a tacere.
Alla Statale si sono feriti dei ragazzi che non erano seguiti e che lavoravano con acidi fuori dalle cappe poi hanno pensato bene di versarlo negli scarichi e grandi quantità di vapori ne sono fuoriusciti intossicandoli lievemente per fortuna
Però poi è venuta la ASL che ha chiuso tutto e allora uno pensa che le cose cambiano ma in realtà è solo una piccola goccia nel mare e tutto torna come prima
Mi chiedete di parlare delle cappe, che dire, sinceramente credo di essere autodidatta un pò come tutti perché che io sappia non esiste ancora oggi un vero e proprio percorso universitario sull'utilizzo in modo giusto delle cappe da laboratorio
In genere dei ragazzi con poca esperienza più di noi e che sono stati autodidatti per lo più sono il nostro unico supporto.
Dopo pochi mesi dall'iscrizione all'università hanno sin da subito accennato al fatto che avremmo usato delle cappe o quanto meno che esistevano ma non soffermandosi più di tanto sulla loro importanza
La sensazione che ho avuto sin da subito era come se fosse scontato l'utilizzo e fosse ancora più scontato che funzionassero e che tutto era perfettamente regolare
normale routine da laboratorio
Il Prof mi ha dato l'impressione di avere una certa padronanza e tranquillità che anche se non ha spiegato praticamente nulla delle cappe era come se già sapessimo come avremmo dovuto usarle
Poi in laboratorio effettivamente è stato facile, alzato tutto il vetro per stare comoda ho acceso il pulsante e via la cappa ha funzionato sin da subito e ricordo di aver pensato che ero veramente in gamba perché ero proprio una frana a usare gli apparecchi elettrici in genere
Oggi dico che sono stata una stupida a pensarlo e che in realtà le cose da sapere sono moltissime ma non ho mai fatto un corso sulle cappe sinceramente anche perché non ne ho mai sentito parlare
mi sembra di capire che li organizzate a Roma e probabilmente prenderò seriamente in considerazione la mia partecipazione la prossima volta
Per concludere voglio dire che andrebbe migliorato questo aspetto all'università perché poi le cappe si usano sempre e si trovano ovunque, anche la farmacia sotto casa mia ha una cappa e l'ho scoperto poco tempo fa perché proprio non lo immaginavo
Voglio complimentarmi per gli spunti che date con questi articoli che ho trovato utilissimi almeno per me che non ho ancora tutta questa esperienza lavorativa, forse chi è più esperto certe cose saranno pi scontate non saprei
Salve mi chiamo Marta e sono un tecnico di laboratorio.
Utilizzo le cappe da laboratorio praticamente da sempre, già alle scuole superiori avevamo un laboratorio e le usavamo ogni tanto.
Il Professore mi sembrava preparato, sicuramente era appassionato della materia e ha cercato di trasmetterci quante più informazioni possibili nel poco tempo che avevamo.
Oggi mi rendo conto che probabilmente non era poi così preparato su come deve essere usata una cappa chimica.
All'università abbiamo usato le cappe ma spesso essendo in molti lavoravamo anche sui banconi perché non vi era spazio sotto cappa per tutti.
Presi dalle lavorazioni sinceramente ne io ne i miei compagni ci siamo mai domandati nulla.
C'erano anche i figli dei Professori tra noi quindi questo ci rincuorava e mai avremmo pensato che potessero essere messi in pericolo quindi si lavorava a testa bassa.
Con il tempo mi sono resa conto che non eravamo molto diversi dalle cavie da laboratorio, chissà cosa ci stavamo respirando perché spesso e volentieri si sentivano puzze e capitava di alcuni ragazzi che versassero accidentalmente qualche sostanza.
In realtà quello che mi preoccupava di più era il fatto che certe sostanze o meglio certi vapori si miscelassero tra loro dando origine a chissà cosa.
Gli anni sono passati e di episodi spiacevoli ne sono capitati e come, persone che avevano giramenti di testa, irritazioni, alcuni si schizzavano con le sostanze e non essendo ben protetti si sono fatti male, versamenti accidentali, rottura di becher o Beuta con sostanze chimiche.
Poi l'utilizzo del becco bunsen con riscaldamento delle sostanze chimiche e vapori che si diffondevano in tutta la stanza mi ha sempre dato da pensare, spesso ne usavamo anche decine in contemporanea e l'aerazione nei laboratori di chimica non è il massimo della vita.
Infatti si aprivano le finestre per far circolare l'aria e pulire un pochino i vapori che c'erano.
Mi ricordo ancora quando rientrando da una settimana di ferie o altro, entravo nei laboratori e avvertivo immediatamente degli odori strani.
Ho leto molti degli articoli che ho trovato su questo blog chizard e devo dire che ad alcune cose non avevo proprio pensato, certe abitudini consolidate nel tempo ma pericolose le ho cambiate fortunatamente.
Il grosso problema è che non ho mai sentito parlare nessuno di queste cose in un laboratorio, la cappa si accendeva e via era già pronta all'uso e funzionante.
Almeno questo è quello che ho sempre pensato e che mi hanno trasmesso negli anni di università, andando a lavorare nelle aziende sinceramente non ho notato grandi differenze.
Attualmente lavoro per un'azienda che fa analisi di campioni che vengono ricavati su cantieri esterni di grandi aziende molto note.
Utilizziamo grandissime quantità di DIESEL ad esempio, litri e litri che vengono analizzati con i fanghi dei terreni, scaldiamo il diesel, benzene e i vapori generati sono tantissimi quindi lo facciamo sotto cappa ma per analizzarli abbiamo dei microscopi che i obbligano a esporre il viso a questi vapori
Purtroppo per lavorare bisogna scendere a compromessi e non si riesce a far capire agli amministrativi i rischi che corriamo ma che poi in fin dei conti sono esposti anche loro a questi vapori perché sicuramente si propagano nello stabile anche perché i laboratori non sono in depressione quindi l'aria è libera di circolare dove vuole.
E anche se poi vengono aperte le finestre i vapori vanno verso l'alto quindi se anche loro hanno le finestre aperte sicuramente rischiano di respirarle
Qualche volta utilizziamo delle mascherine, non sono sicura siano quelle corrette perché sembrano molto leggere e approfondirò questa cosa perché darlo per scontato probabilmente mi fa correre dei rischi
Abbiamo delle cappe aspiranti chimiche che funzionano o meglio penso funzionino perché viene un'azienda a controllare che è tutto ok e dopo qualche prova ci dicono che possiamo continuare a lavorare tranquillamente, sempre leggendo questi articoli ho letto da qualche parte che le cappe funzionano se poi sono tarate sul reale utilizzo che ne viene fatto quindi mi chiedo come facciano ad essere ok se poi nessuno ci ha mai chiesto che genere di lavoro eseguiamo sotto cappa?
Scrivendo questa mia storia mi sto rendendo conto che effettivamente ci sono alcune domande al quale non ho mai dato una risposta
Purtroppo si lavora sempre di corsa, il tempo è sempre poco e abbiamo carenza di personale quindi tutti dobbiamo fare un pò di tutto però mi prenderò del tempo per capire meglio se queste cappe stiano aspirando l'aria corretta o meno e se siamo tutelati lavorandoci
Chiedere all' Repsonsabile sicurezza dell'azieda non mi aiuterebbe perché ne sa meno di noi di buon funzionamento delle cappe quindi dovrò studiare io personalmente, poi magari aggiorno questa breve storia con quello che ho scoperto sperando nel frattempo di aver migliorato la nostra condizione lavorativa con le cappe chimiche
Non so se queste cose possono essere interessati per qualcuno, sicuramente la mia storia non è molto diversa da molte altre perché confrontandomi con i colleghi più o meno i percorsi sono simili e le conoscenze sulle cappe idem
grazie
Mi chiamo Paolo e anni fa mi sono iscritto alla facoltà di Chimica perché avevo una passione sin da bambino.
Ricordo ancora quando mi regalarono il piccolo chimico per Natale, ero veramente euforico e non vedevo l'ora di giocarci.
La mattina dopo mi sveglia prestissimo e inizia sin da subito ad armeggiare con quelle polverine che mi permettevano di avere delle reazioni chimiche.
E' stato stupendo.
Crescendo e proseguendo gli studi mi ricordo che alle scuole Superiori vedevamo i laboratori con il binocolo e quando ci andavamo ognuno faceva quello che voleva perché il Prof non lo ascoltava nessuno.
Devo dire che già li vi erano sostanze pericolose e non so come nessuno non si sia fatto male. Un miracolo.
Ma la mia passione per la Chimica cresceva anno dopo anno ed attendevo solo di arrivare all'università di Chimica, mi dicevo sempre che li avrei finalmente appagato la mia fame di conoscenza.
Non vedevo l'ora di arrivare in dei veri laboratori di chimica, ben fatti e li immaginavo luccicanti e perfetti da ogni punto di vista con il personale di laboratorio pronto ad aiutarmi ad imparare dicendomi come e cosa dovevo fare.
Mi sono quindi iscritto in Chimica e devo dire che il mio sogno è andato subito in frantumi.
Dopo qualche mese ho visto per la prima volta i laboratori e sembravano usciti da un film in bianco e nero con strumentazioni vecchie e le cappe chimiche aspiranti in legno.
Non ci potevo credere che in una facoltà di Chimica le cappe fossero ancora in legno ma da ignorante mi sono detto che forse era normalità ed era così che dovevano essere per lavorare in sicurezza.
Anche se il legno non mi sembrava così nuovo, anzi.
Ma poi studiando le sostanze che avremmo manipolato e leggendo alcune schede di sicurezza ho notato che molte di queste erano infiammabili allora ho pensato subito che probabilmente avevano usato un legno "altamente ignifugo"! 🙂
Scherzi a parte, mi sono sentito come una morsa allo stomaco nel rendermi conto che l'università, il posto in cui si formano i veri Chimici provetti, fosse così indietro.
Ovviamente non tutte le cappe chimiche erano in legno, vi erano alcune cappe in altri materiali più nuove sicuramente ma nessuno mi ha mai spiegato nel dettaglio come dovessi lavorare in sicurezza ed usare le cappe.
Non esiste nessun corso specifico e questa cosa è incredibile.
L'informazione che è stata passata era, accendi la cappa e se senti il motore funzionare allora usala altrimenti trovane un'altra.
Alcuni usavano una tecnica "avanzatissima" per capire se la cappa stesse aspirando,
Mettendo un foglietto di carta davanti e osservando se si muoveva un pochino.
Insomma sono passati gli anni, sono state usate sostanze su sostanze ma nessuno mai ha pensato di formare me o gli altri ragazzi sull'utilizzo di una cappa.
Poi trovo questo portale e scopro che le mie remore erano fondate e che effettivamente c'è e c'era moltissimo da sapere sulle cappe chimiche.
Ho letto veramente informazioni utilissime e che spesso possono sembrare banali al punto che mi continuo a chiedere come mai non ci sono state spiegate all'Università?
La risposta che mi sono dato da solo e che ho letto tra le righe anche qui è che spesso gli stessi PROFESSORI non sanno assolutamente come si deve usare una cappa nel modo corretto.
Probabilmente ancora oggi si trascinano vecchie realtà in cui tutti facevano così e non hanno mai pensato di approfondire tali tematiche.
Oggi sono più consapevole che non ne capisco nulla di utilizzo corretto di cappe e quel poco di esperienza che ho l'ho fatto sulla mia pelle e chissà quali conseguenze ne pagherò.
Avrò commesso veramente moltissimi errori durante gli anni, anni in cui chissà cosa mi sono respirato, anni in cui l'utilizzo di sostanze pericolose sono entrate nel mio corpo per mia colpa oltre che di chi doveva pensare a tutelarmi.
Oggi giorno si sente parlare in continuazione di tumori e personalmente ho diverse persone che conosco che combattono tutti i giorni con questi problemi.
Spero solo di non essere uno di quelli che tra qualche anno ne pagherà le conseguenze per colpa di un sistema arretrato e una finta sicurezza che ha il solo scopo di salvare le apparenze e tutelare pochi.
Il mio consiglio quindi per chi si avvicina a questo mondo della Chimica e all'utilizzo delle cappe chimiche è uno solo:
NON FIDATEVI DI NIENTE E NESSUNO MA SOLO DI VOI STESSI, studiate e cercate le informazioni dove sono più carenti perché la vostra vita vale più di un bel voto o di una bella figura con il Prof.
Nessuno mai vi potrà ridare la salute.
Paolo