L’analista e la sua cappa da laboratorio vengono prima del campione!
Con il titolo L’analista e la sua cappa da laboratorio vengono prima del campione, si vuole intendere che spesso ci si dimentica delle persone che lavorano in laboratorio, dei tecnici di laboratorio e di tutto il personale operante
Spesso ci si concentra sul lavoro, sui tempi da rispettare e tanto altro
In realtà l’analista dovrebbe essere tutelato prima di ogni altra cosa
Ultimamente ho la fortuna di incontrare persone veramente valide, in questo caso ho avuto il piacere di conoscere la Dott.ssa VERONICA NERINO e di approfondire la sua conoscenza durante uno dei corsi di formazione sui rischi biologici che avevo organizzato
Una ragazza molto giovane ma al tempo stesso molto preparata, soprattutto sensibile ai rischi che si possono correre in laboratorio quando non si lavora nel modo adeguato
A tal proposito voglio inserire un articolo scritto proprio dalla Dott.ssa Nerino perché credo che sia ben fatto ed assolutamente in linea con quanto da me riportato nel portale delle cappe
Vedere il mondo delle cappe e sentire il racconto direttamente dal l’analista e la sua cappa da laboratorio è sicuramente entusiasmante e ricco di informazioni prese direttamente dall’interno di un laboratorio microbiologico
Di seguito ti riporto integralmente il suo articolo che ha scritto appositamente per il portale CHIZARD, buona lettura
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Articolo scritto dalla Dott.ssa Veronica Nerino
Titolo: L’analista e la sua cappa da laboratorio vengono prima del campione!
L’integrità e sterilità del campione da sottoporre ad analisi, per noi analisti in campo microbiologico, è fondamentale.
Fin dai primi passi nel mondo laboratoristico, i tutor concentrano i loro insegnamenti, la formazione del personale, sulla gestione corretta dell’oggetto in esame, la manualità adeguata all’adempimento dell’analisi nel rispetto della sterilità;
Ma quanti di noi hanno avuto la giusta preparazione relativa alla sicurezza in laboratorio?
E una preparazione adeguata all’utilizzo della propria cappa di sicurezza biologica (cappa Biohazard)?
L’attenzione alla nostra salute in ambito lavorativo, viene posta in secondo piano.
La nostra passione per la microbiologia e l’esigenze a volte urgenti del cliente, ci induce a trascurare le accortezze da assumere per la nostra sicurezza.
Durante le analisi usiamo cappe da laboratorio, le quali ci vengono “imposte” dalle procedure, ma molti analisti non hanno un’adeguata conoscenza sul meccanismo alla base del funzionamento delle stesse e ancora più grave, lavorano senza la consapevolezza dei rischi.
Un laboratorio di analisi esposto a patogeni appartenenti al gruppo di rischio 2, necessita di un dispositivo di protezione collettiva (DPC) nello specifico di una cappa di sicurezza biologica (Biohazard).
Le cappe Biohazard di classe II, rappresentano un ottimo compromesso di protezione tra campione, operatore e ambiente, ma nonostante ciò rimane sottovalutata.
Come precedentemente accennato, i tempi ristretti in cui il tecnico di laboratorio si trova a svolgere l’analisi, comporta ad assumere atteggiamenti errati, per cui perdita della protezione data dal proprio DPC
Le cappe Biohazard non sono solo un piano di lavoro, approfondendo le nostre conoscenze a riguardo, potremmo lavorare rispettando noi stessi e la sterilità del nostro campione
Un flusso laminare verticale di aria sterile permette di creare un ambiente idoneo per le nostre analisi microbiologiche (attenzione a non lavorare fuori dal flusso d’aria verticale!)
L’aria viene aspirata dai filtri HEPA per il 99,995%, la quale parzialmente espulsa e in parte rimessa in circolo sul piano di lavoro.
Le cappe di classe II possono essere usate per manipolazione di patogeni in quanto è presente una barriera d’aria sul fronte cappa che evita la fuoriuscita di aria potenzialmente contaminata verso l’esterno dove si trova l’operatore. Questa barriera frontale di aria non permette neanche all’aria esterna di penetrare all’interno garantendo così la sterilità sul piano di lavoro.
Spesso in laboratorio commettiamo un banalissimo errore ma incisivo, permettiamo spostamenti d’aria provocati da :
- porte e finestre lasciate aperte;
- colleghi che passano alle nostre spalle molto velocemente;
- accensione di condizionatori che emettono aria sul fronte cappa;
- continui movimenti manuali tra l’interno e l’esterno della cappa, che potrebbero favorire l’uscita d’aria contaminata dalla stessa;
Possiamo considerare la cappa un “micro-mondo” poiché tutto ciò che entra rimane all’interno.
Infatti, le cappe in classe II sono classificate come ambienti ISO5, come delle mini camere bianche sterili.
Spesso le stesse sale operatorie nei vari ospedali non arrivano neanche alla ISO6 come classificazione e ricordiamo che la sterilità aumenta man mano che ci si avvicina alla classificazione ISO1 (ambienti utilizzati in industrie elettroniche ad esempio).
Nonostante l’efficienza dei filtri HEPA, capaci di trattenere particelle con diametro uguale o superiore a 0,3µm
( la maggior parte dei microrganismi patogeni possiede un diametro di 0,5 µm )
è opportuno coprire totalmente la nostra pelle esposta al flusso d’aria, possibilmente con camici con polsini elastici su cui infilare i guanti.
Le nanoparticelle trattenute dai filtri hepa possono essere veicolo di trasporto di tali microrganismi patogeni che potrebbero fuoriuscire dalla cappa proprio a causa dell’inesperto tecnico di laboratorio.
I laboratori che non acquistano i terreni di coltura già pronti e si occupano di preparativa, utilizzano il bagnetto per poter mantenere i terreni, composti da agar, liquidi ad una temperatura costante di 47°C;
Quindi per “piastrare” il campione, i terreni vengono spostati dal bagnetto (ambiente favorevole alla crescita batterica) all’interno della cappa di sicurezza biologica;
Chiaramente questo passaggio è un punto critico dell’analisi, per quanto non valutato da molti.
Per cui, se non disinfettiamo accuratamente le bottiglie o altri oggetti, prima di usarli all’interno della cappa Biohazard, vengono inseriti nella zona di lavoro sterile, ulteriori batteri.
Inoltre, il Dr. Cirillo Fabrizio esperto di cappe Biohazard, consiglia di suddividere in 3 parti il proprio piano di lavoro interno alla cappa in classe II:
- Zona dello sporco
- Zona dello Sterile
- Zona del Pulito
La suddivisione del piano di lavoro è importantissima e può prevenire moltissimi problemi.
Il tecnico di laboratorio dovrà destinare ad un lato della cappa lo “sporco , semplicemente inserendo un cestino con sacchetto annesso per il materiale da cestinare e al lato opposto uno spazio per l’appoggio di piastre, pipette sterili ecc..
Mentre la zona centrale dovrà essere lasciata sgombera sia davanti che dietro per poter eseguire la manipolazione senza il rischio di contaminazione crociata.
Questa efficacia è dovuta al flusso laminare verticale di aria sterile (FLV), il quale fuoriesce dal filtro HEPA dirigendosi sul piano creando dei comparti all’interno della cappa stessa, isolando al 100% le tre zone Sporco/pulito/sterile.
Per l’ennesima volta l’unico problema potrebbe derivare proprio dal tecnico di laboratorio che non conoscendo a fondo il meccanismo posto alla base della sua cappa da laboratorio, rischia di influenzarne l’efficacia contaminando la zona dello sterile e del pulito a causa di alcuni dei punti citati precedentemente, il più importante dei quali, un utilizzo delle braccia in modo troppo veloce.
Il non appartenere alle fasce di età a rischio, rende gli analisti sicuri di essere esenti da rischi microbiologici grazie al “forte” sistema immunitario e imprudenti in laboratorio, gravissimo errore!
Veniamo a conoscenza giorno per giorno di batteri sempre più resistenti ai trattamenti, divenuti un grande problema da risolvere, quindi un corretto comportamento in laboratorio è una prevenzione sia per l’operatore che per i propri familiari, esposti agli agenti patogeni che trasportiamo dal laboratorio a casa.
Spesso questo trasporto avviene per via dell’errato utilizzo dei Dispositivi di protezione individuale (DPI) come guanti, camici, occhiali e altro.
Basta girare nei laboratori per vedere operatori che hanno la pelle completamente esposta, capelli slegati, camici aperti o mancanti totalmente.
Durante l’attività analitica svolta nella zona sterile centrale, il tecnico dovrà fare attenzione a pipettare inclinando la propria pipettatrice affinché la punta del puntale venga esposta direttamente al flusso laminare verticale sterile (FLV).
Facendo estrema attenzione a non passare sopra la piastra con la propria mano o braccio in quanto il flusso d’aria investirebbe tale superficie trascinando lo sporco con se che andrebbe a inficiare sul risultato.
Spesso l’operatore ha necessità di fuoriuscire dalla zona di lavoro della cappa per prendere materiale o per altre lavorazioni e anche questa è una fase molto critica della lavorazione;
Il guanto ma anche lo stesso braccio dell’operatore, seppur coperto da camicie, una volta esposto all’esterno rischia di contaminarsi e quindi bisognerà avere l’accortezza di non passarlo sopra la piastra sterile
Un’altra accortezza del tecnico è sicuramente quella di introdurre molto lentamente le braccia all’interno della cappa avendo cura di inserirle nella zona identificata come pulito, per poi passare nella zona di lavoro sterile, evitando la zona dello sporco.
Il nostro obiettivo è svolgere nei migliori dei modi l’analisi e soddisfare il cliente, ma è importante ricordare che il tutto si può svolgere prestando attenzione all’utilizzo delle cappe che abbiamo dato sempre per scontato.
Il cattivo utilizzo di una cappa di sicurezza biologica può inficiare i risultati delle nostre analisi e essere rischioso per la nostra salute!
Autore: Dott.ssa Veronica Nerino
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Spero che l’articolo sia stato di tuo gradimento, io ho trovato molto interessanti soprattutto le fotografie dove la Dott.ssa Nerino mostra chiaramente come non si deve lavorare in una cappa biohazard
Si vede infatti che la piastra è posta troppo vicina alle griglie di ripresa della cappa oltre ad essere fuori dalla zona forellinata dove si incanala il flusso laminare sterile
e questo rischia di far contaminare il campione dall’aria esterna del laboratorio e lo stesso operatore potrebbe inficiare sul risultato
Poi la fotografia dove ha identificato le tre zone che io più e più volte ho descritto nei miei articoli è molto utile perché visivamente permette di capire come utilizzare la propria cappa
In ultimo la fotografia dove la pipetta è inclinata rispetto al flusso laminare verticale è perfetta, si capisce chiaro che la Dott.ssa Nerino ha dimestichezza nell’utilizzare la propria strumentazione e che ha ben chiaro il concetto di sterilità e di come preservarla
Io faccio molta attenzione allo scenario lavorativo dell’analista e la sua cappa da laboratorio perchè mi fa capire chiaramente se un tecnico di laboratorio se ne intende oppure no
Ormai mi basta osservare gli operatori per poco tempo e subito riesco a capire se fare ancora le analisi in quel laboratorio hehehehe
Scherzi a parte, l’analista e la sua cappa da laboratorio sono una cosa sola, dovrebbero vivere in simbiosi e il compito del tecnico è capire i limiti che il suo DPC così da non incorrere in problemi, in risultati inficiati o altre problematiche varie
Un caro saluto e ricorda
“Abbi buona cura del tuo corpo, è l’unico posto in cui dovrai vivere”
Fabrizio Cirillo
Il Boss delle cappe